
I primi 500 euro sono stati raggiunti. Soldi che saranno spesi per sostenere il ricorso di un cittadino a cui è stato negato l’accesso a informazioni di interesse pubblico in mano allo Stato (dalla gestione dei centri di accoglienza all’inquinamento delle nostre città, passando per la sicurezza degli edifici scolastici e la spesa dei soldi pubblici). Un solo ricorso: il singolare è d’obbligo, visto che questa cifra non basterà neppure a coprire le spese legali di un singolo caso. Perché lo Stato fa pagare caro chi vuole arrivare fino in fondo.
La via giudiziaria è costosa: solo la presentazione del ricorso si traduce in un contributo unificato di 600 euro, cui va aggiunta l’assistenza di un avvocato. Conti alla mano, è facile capire perché alla Pubblica amministrazione basti un non ben giustificato rifiuto (o un ancor più rapido silenzio) per dissuadere cittadini e giornalisti che vorrebbero venire a conoscenza di informazioni nelle mani dello Stato. Di fronte a un accesso negato, infatti, in pochi hanno la possibilità di affrontare economicamente e tecnicamente il ricorso prima davanti ai Tribunali Amministrativi Regionali (Tar) e poi al Consiglio di Stato, anche se questa rappresenta spesso l’unica soluzione per ottenere qualche risposta. Risultato immediato: imporre cifre importanti per il contraddittorio diventa l’alibi dietro cui lo Stato può nascondersi per riuscire a tenere i cittadini all’oscuro delle sue mosse.
Si potrebbe pensare che l’approvazione del primo Freedom of Information Act italiano lo scorso 23 maggio abbia aumentato le tutele per i cittadini (in questa timeline le tappe principali). Eppure, anche se sotto alcuni aspetti l’approvazione della riforma del Decreto Trasparenza rappresenta un netto passo in avanti – come Diritto di Sapere e Riparte il futuro hanno sottolineato in questa prima analisi – restano ancora forti i dubbi legati alle possibilità di ricorso. Davanti a una risposta negativa o assente della Pubblica amministrazione, infatti, la proposta di Foia4Italy era stata quella di rendere il ricorso veloce e gratuito. Ma il Governo italiano la pensa diversamente, tanto da avere respinto la proposta di potere fare ricorsi a costo zero, limitandosi ad aggiungere al Foia due nuove possibilità di appello ancora troppo deboli, ovvero il riesame del responsabile della trasparenza e il ricorso al difensore civico.
Nel primo caso, si pone un problema di neutralità: secondo la nuova legge, infatti, il cittadino a cui è stato negato l’accesso a informazioni di interesse pubblico può chiedere al responsabile della trasparenza a cui ha inviato la richiesta di esaminare nuovamente il caso. Una forma di tutela fin troppo semplice, che pone un punto interrogativo sulla neutralità di un secondo parere dato sempre dalla stessa persona alle dipendenze della pubblica amministrazione. Una seconda (debole) possibilità di ricorso conquistata con il Foia dello scorso maggio è il ricorso stragiudiziale attraverso i difensori civici. Peccato che i difensori civici, oltre ad essere presenti solo in enti locali e alcune regioni (restano esclusi i Ministeri, per esempio), sono figure sempre meno diffuse.
Tra un riesame che rischia di essere poco neutrale e ricorsi indirizzati a difensori civici sempre meno presenti sul territorio, è evidente come la via del ricorso al Tar resti ancora una possibilità centrale per avere delle risposte dallo Stato. Eppure, l’obbligo di pagare almeno 600 euro in tasse per chiedere al Governo perché si è stati esclusi dall’accesso a documenti pubblici, porta la maggior parte dei cittadini – per non parlare dei giornalisti – a tenere la bocca chiusa pur essendo stati testimoni di un episodio di trasparenza calpestata.
Fino in Fondo, il primo fondo per sostenere i ricorsi di quanti sono stati tagliati fuori dall’accesso a informazioni di pubblico interesse, resta quindi uno strumento centrale per permetterci di non accettare che il Governo resti in silenzio di fronte alle nostre domande. Con i 500 euro raccolti potremo aiutare una persona ad andare “fino in fondo” nella sua richiesta di accesso allo Stato. Ma aiutare solo un caso non può essere abbastanza: con il tuo aiuto, possiamo rendere la trasparenza un vero diritto alla portata di tutti!